E’ andato oltre ogni più rosea aspettativa il risultato del referendum su Ecopass. Anche se, come era prevedibile, i sì (80%) sono stati inferiori al plebiscito ottenuto dagli altri quesiti la stragrande maggioranza dei milanesi recatisi alle urne si è espressa a favore di un radicale potenziamento di questo strumento al fine di finanziare un sistema di mobilità diverso. A prescindere da come la nuova maggioranza di Palazzo Marino intenderà dar seguito alla volontà espressa dagli elettori, l’esito referendario rappresenta sicuramente un momento di svolta nella relazione tra città e sistema di mobilità – non più identificato tout-court con l’automobile privata e con qualche briciola di “mobilità sostenibile” lasciata ai poveracci e al francescanesimo ambientalista delle sensibilità più delicate.
Ciò che emerge è un’esplosione della consapevolezza della necessità di mettere al centro del sistema di mobilità urbana quello che fino ad ora è stato relegato ai suoi margini, riposizionando l’auto – privata e non solo – in un diverso contesto di scelte e opzioni di trasporto che se ben integrate possono fornire un servizio sicuramente migliore dell’attuale – tutto automobile.
Quali lezioni trarre da questa storia? La prima è sicuramente che le paure che molti amministratori dimostrano quando vengono messi di fronte alla possibilità di valorizzare modalità di trasporto alternative sono ingiustificate. Quindi un po’ più di coraggio non è controproducente nemmeno ai fini della propria carriera politica anzi, molto più probabilmente è vero il contrario.
Non sempre chi fa più rumore sui media locali rappresenta il comune sentire della popolazione. Anzi spesso proprio il fatto di potersi permettere il lusso di bombardare le redazioni con mail di protesta è indicativo di una posizione di privilegio. Di qui l’importanza, più che della lettura dei quotidiani, di feedback prolungati e scientifici, basati su sondaggi e questionari che sono strumenti molto più utili e affidabili della rubrica dei lettori della gazzetta locale.
Un’altro aspetto importante è stato quello relativo alla comunicazione, quasi completamente boicottata dai tradizionali organi di informazione e per questo affidata quasi totalmente ai tam tam sul web: il risultato dimostra che gli elettori, una volta messi al corrente dell’obiettivo ultimo di questa misura che non è quello di penalizzare la mobilità di qualcuno ma quello di favorire un cambiamento nelle abitudini di spostamento della popolazione, sono disposti a mettersi in gioco e a pagare di tasca propria il finanziamento di un diverso sistema di trasporto.
In questo modo si supera quello che Fabio Maria Ciuffini, ex-vicensindaco di Perugia e ideatore della scale mobili del capoluogo umbro, indica come il limite della “non divisibilità” dei costi del trasporto pubblico. Mentre al privato è concesso di comperare un’automobile, gli è molto più difficile (anzi fino a qualche giorno fa era impossibile) comperare un pezzo di linea di autobus…
Per finire qualche dubbio. Le misure di road pricing, qualora dovessero avere successo, hanno in sè anche il seme del proprio fallimento: se gli accessi in auto dovessero calare troppo in seguito all’aumento dei loro costi e al miglioramento dell’offerta di mobilità alternativa verrebbe a mancare una fonte – a questo punto fondamentale – di finanziamento del TPL. Si renderà quindi prima o poi necessario un aumento dei costi di biglietti e abbonamenti che, se non si vorranno penalizzare le fasce economicamente più deboli, andranno differenziati in base al reddito E questa cosa in Italia – con i suoi tassi di evasione fiscale – è sempre più problematica che altrove.
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ps: di seguito il quesito su Ecopass e le proposte del comitato promotore:
Interessantissimo articolo.
L’unica perplessità riguarda la parte finale in cui si fa riferimento a un possibile aumento dei costi di biglietti e abbonamenti per finanziare il TPL. Forse sarebbe più giusto che questo venisse finanziato attraverso la fiscalità generale, ovvero grazie alle tasse che tutti i cittadini versano allo Stato.